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La Pinacoteca dell'Accademia Carrara di Bergamo
The Pinacoteca of Accademia Carrara of Bergamo
Questo nostro lavoro è stato, più che un viaggio nell’architettura, una “ventura” che si è dipanata dentro ed intorno ad un edificio singolare, dentro alla sua storia ed intorno ai suoi possibili futuri. Abbiamo attraversato un cantiere complesso, difficile, sovente imprevedibile. Siamo ora in porto, cioè a lavori felicemente ultimati. Qui – forse più che altrove – i saperi e le pratiche del Restauro e del ben costruire, sono stati messi in tensione e verificati a tutto campo, sovente anche oltre ai limiti di esperienze consolidate, di principi affermati. Ma non è, forse, o non dovrebbe sempre essere così ogni restauro che si rispetti? E’ soltanto in questo modo che potremmo ridare agli edifici e dagli spazi urbani, quelle singole e collettive identità, che si sono formate nella storia e che vanno confermate, con coraggio, nell’attualità. Quando ci occupiamo di questi temi e di questi problemi che non sono solo architettonici, ma coinvolgono competenze e discipline diverse, dobbiamo abbandonare quei fondamentalismi che sono sovente alibi per assolverci dalle responsabilità; dovremmo invece mettere in gioco ogni volta i nostri saperi e le nostre arti. Sovente non è sufficiente, per curare una malattia, seguire ciecamente protocolli di comodo, ma vanno anche messi in campo saperi, tecniche, le teorie più avanzate e quelle più consolidate: certo con prudenza e saggezza. Dobbiamo curare la malattia, ma anche “aver cura” per ridare all’anziano paziente nuove forze e la capacità di vivere attivamente in mezzo a noi, di narrarci cose antiche e nuovissime. Qui, alle importanti fronti che prospettano sullo spazio pubblico antistante, occorreva un sapiente intervento filologico e risanatore, tale da ripristinare le passate aulicità. Le coperture si sono prestate ad una revisione tale da cancellare superfetazioni improprie succedutesi nel tempo. La fronte interna, verso monte - la cui architettura era non soltanto interrotta e sospesa ma, in verità, del tutto assente - si presentava come un interrogativo aperto, senza risposta. Pensare ad un intervento come riscontro a questo interrogativo, permetteva anche di cogliere un’occasione per esplorare nuove possibilità e quindi risolvere problemi, funzioni necessarissime, ma non altrimenti praticabili: messa a norma dei percorsi e degli spazi espositivi, predisposizione dei circuiti e della produzione per il trattamento dell’aria, ecc., funzioni che rendevano ormai l’edificio non solo obsoleto, ma del tutto inagibile. Abbiamo saggiato ed approfondito - sempre in un confronto serrato con le varie competenze - molte configurazioni alternative, non solo funzionali, ma anche formali. E’ risultato chiaro, fin dai primi tentativi, che i nuovi interventi avrebbero dovuto concorrere alla definizione dei caratteri, della fruibilità, della corte interna. Corte che doveva diventare estensione ottica degli spazi interni e poteva anche dar luogo ad un giardino alberato, fruibile ad un tempo come luogo espositivo, di riposo, di meditazione. Si sono anche, in varie fasi, configurate ipotesi alternative per la sistemazione nella corte, spazi ipogei, o semi-ipogei, come ampliamento per le mostre temporanee, per le conferenze e per i magazzini. Tali opzioni, abbandonate per il contenimento delle spese, sono ancora, in un futuro migliore, rese possibili dall’attuale progetto. Tutte queste proposte e varianti sono state avanzate, discusse, condivise e vagliate con la committenza, con i responsabili dei vari settori e, naturalmente, sottoposte alla competente Soprintendenza. La nuova fronte verso corte è realizzata in mattoni a vista ed è stata pensata per essere nel tempo “sagramata” e ricoperta da rampicanti (edere, glicini, vite vergine, ecc.). Si formerà, quindi, attraverso la grande vetrata, una continuità ottica tra spazi interni museali e spazi verdi esterni. Questo giardino-corte richiama e conclude, in qualche modo, il pendio collinare a monte del costruito. Nel presentare, qui, questo nostro lavoro, vorrei non soltanto ricordare il risultato finale, la sua superficie visibile, ma anche le fatiche del cantiere – Luca Moretto che qui ha seguito e lavorato con passione al governo del progetto fino alla complessa direzione dei lavori, – la genesi radicata nella ricerca storica – curata con il restauro filologico da Maurizio Momo, – l’articolazione degli impianti fluido-meccanici e speciali – progettata dagli espertissimi ingegneri Mascheroni, – la complessità strutturale – con la perizia di Giuseppe Donna e di Donato Musci, – il supporto tecnico della società di ingegneria Icis, le energie sul campo – di Vincenzo Altavilla e Massimo Peresso, - e soprattutto la paziente ed intelligente guida dell’architetto Dario Mazza per il Comune di Bergamo, con l’assidua partecipazione dell’assessore Alessio Saltarelli, e di molti altri. Immagini suggestive, emozionanti, illustrano le varie fasi del cantiere e gli esiti del progetto. Siamo lieti di aver consegnato alla città, all’alta cultura, un fruibilissimo spazio che accoglie una quadreria di grandissimo livello, luogo intenso, ricco di storia e di prospettive d’Arte.
estratto dall'Introduzione di Aimaro Isola