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Biennale 2010 Venezia

Culture_Nature

Venezia, 27.08_21.11 2010
spazio thetis. Arsenale Novissimo

Evento collaterale 12. Mostra Internazionale di Architettura

Guscio
site-specific

Adamo sentì freddo e verso sera incominciò ad avere paura. Era immerso nella natura ma non ne era davvero parte.
La sua pelle, i suoi peli, le foglie non erano sufficienti a proteggerlo, a dargli riparo dal mondo.
Pensò agli animali, si ricordò delle loro tane, dei loro nidi; cercò un rifugio.

Col tempo l’esigenza primaria di ripararsi, un po’ da “tutto”, si articolò, si precisò, si sofisticò, si “corruppe”… e ad essa, con l’apporto della cultura, del pensiero, se ne aggiunsero delle altre, talvolta meno funzionali/razionali, più emotive, ludiche, poetiche: dal materiale all’immateriale, dal pesante al leggero.

Per me fare architettura vuol dire occuparsi di dare una risposta coordinata alla richiesta di spazi per l’uomo che soddisfino sia gli aspetti materiali che quelli immateriali.

In questo caso ho deciso di soffermarmi sugli elementi “leggeri” dell’architettura.

In un contesto stratificato di pietre come Venezia, su uno dei suoi pochi prati, si posa una “farfalla” di legno, un guscio che ospita temporaneamente le persone: per pochi attimi il sogno può bastare.

Sotto il guscio, dentro il guscio, si può far l’amore, si può osservare il paesaggio, si possono leggere poesie, ci si può riposare nella penombra, al riparo dai raggi diretti del sole.

Dal guscio traforato, arabescato, la luce naturale rincorre l’ombra, con le sue linee in costante movimento, e viceversa. I confini sfumano, l’invisibile prende corpo.

Dal punto di vista statico non vi è distinzione tra elementi portati ed elementi portanti. Il guscio, composto da più componenti non seriali tra loro semplicemente incastrati, porta se stesso, è autosufficiente.

La forma d’insieme è riconducibile all’imago urbis di Venezia vista dall’alto, un po’ pesce un po’ spirale… I giunti sono “merlati”, tra Ca’ d’Oro e trifoglio, e tracciano sulle superfici curve un rilievo sfrangiato che rimanda, secondo l’inclinazione personale, alla memoria delle mura difensive di alcuni borghi collinari veneti e/o al dorso di preistorici animali lagunari. La funzione segue la forma?

Nel suo destino, in verità, la forma scompare essendo null’altro che un sogno.

What producing architecture means for me is to try and provide answers tailored to people’s requests for spaces capable of satisfying both material and immaterial needs.

In this case, I have chosen to focus on “light” elements in architecture.

The context is that of Venice, a city marked by the stratification of stones. On one of its few lawns, a wooden “butterfly” has landed – a shell that can temporarily house people. For a few moments, this dream will do. Under the shell – inside it – people can make love, gaze at the landscape, read poems and rest in the semi-darkness, away from direct sunlight. Filtering through the open-work, arabesque shell, natural light chases the shadow, with its constantly shifting lines and vice versa. Boundaries vanish and the invisible acquires form.

From a static point of view, there is no distinction here between supported and supporting elements. The shell, comprised of several elements that are not mass-produced and simply joined to one another, is self-supporting – it is self-sufficient.

The overall shape of the structure is reminiscent of the imago urbis of Venice as seen from above – part fish, part spiral . . . The shell’s couplings are “crenellated” – part Ca’ d’Oro, part clover – and form a fringed relief on its curved surfaces that depending on one’s personal inclinations may remind one of either the defensive walls of certain hilltop towns in the Veneto or of the back of a prehistoric lagoon creature. Does its function match its shape?

Its shape is actually destined to vanish, as it is nothing but a dream.

catalogo SKIRA
NOTA TECNICA: il guscio è stato prodotto da BOSCHIS S.p.A.

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